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1° Maggio, Festa dei lavoratori

Celebrare la Festa dei lavoratori con il ricordo di chi a causa del lavoro ha perso la vita.

Riportiamo un contributo storico, apparso sul Bellusco Informa 1-2017, a cura della prof.ssa Maria Teresa Vismara, che racconta la triste vicenda di alcuni giovani belluschesi che nell'aprile del 1908 hanno tragicamente perso la vita mentre lavoravano in un cantiere a Milano.

POVERE VITTIME, OSCURI EROI DEL LAVORO E DEL DOVERE

Nella notte ancora fonda, sono circa le quattro del mattino, due giovani uomini entrano in paese. Arrivano a piedi da Milano, da dove sono partiti a mezzanotte, dopo una giornata di lavoro e di dolore, con un andare svelto e pesante. Portano notizie dolorose.

Si dirigono a Cantone, alla casa dei Villa. Bussano e quando si aprono le finestre, Giovanni Biella annuncia la morte di Federico e di Luigi (che il martedì successivo avrebbe sposato Maria, la sorella di Federico) e di  altri compagni di lavoro.

Subito altre case sono raggiunte dalla ferale notizia: ben altre tre di Cantone e una della cascina Bellana.

E poi tutto il paese è coinvolto.

Ma cos’è successo? L’Unione Cooperativa, che apre già i suoi grandi magazzini su via Meravigli, decide un ampliamento verso via san Vittore al Teatro, con un edificio a tre piani e una terrazza da adibire a giardino pensile: un’area di circa 900 mq, per un’altezza di 20/21 m. Responsabile l’ing. Stacchini, su disegno dell’arch. Leonardi, e i lavori affidati alla Società Cementi Armati Italiani dei fratelli Vender e alla Cooperativa Muratori.

È il pomeriggio del 17 aprile 1908, Venerdì Santo, e si sta portando a termine il collaudo del terrazzo superiore con 13 mq di sabbia, 1950 kg; quelli dei due piani sottostanti, più impegnativi per la quantità di sabbia utilizzata, sono stati superati. I lavori procedono serenamente, anzi qualcuno riferisce di motteggi scherzosi fra gli operai e il signor Vender a un certo punto dice a tre suoi operai (l’Oriani, il Ronchi e il Biella, questi ultimi due di Bellusco): «E adess che el lavorà chi l'è finii martedì andarì tucc al Sempion a comencià un'altra fabbrica!».

Ore 16.17 (a testimoniarlo l’orologio dello stesso Vender): un boato squarcia l’aria e un’enorme nuvola di polvere si alza verso il cielo. È il crollo improvviso e subitaneo della terrazza e a cascata di tutto l’edificio. Immediato l’accorrere della gente che si incrocia con il fuggi-fuggi degli operai non travolti dal crollo (uno di quelli che fuggono è Martino, fratello di Federico, un ragazzo di 13 anni, che solo più tardi ritornerà sul luogo del disastro).

Arrivano anche i pompieri, la croce verde, i vigili e le autorità politiche e giudiziarie.

Coi primi soccorsi vengono estratti tre feriti: due operai, colpiti ma non gravemente, e l’ing. Rimoldi, il braccio destro di Stacchini, che morirà il mattino dopo. Ma anche quando i lavoratori riescono a ricompattarsi, della trentina circa di persone che vi lavoravano, alla chiama degli operai ne mancano 12; cinque sono di Bellusco: Federico Villa di 14 anni, Giuseppe Limonta di 16 e Luigi Cereda di 24, alle dipendenze della Coop. Muratori; Luigi Fumagalli di 17 anni e Pietro Colnaghi di 19, della ditta dei cementi armati.

Il rischio di ulteriori crolli però e soprattutto la convinzione che chi è rimasto intrappolato non abbia avuto scampo (oltre alle parti in muratura e in cemento armato, quei 20 quintali di sabbia hanno occupato anche gli anfratti impossibili, provocando soffocamenti) bloccano tutto. Il posto viene transennato, ma le operazioni di sgombero e soprattutto il ritrovamento dei cadaveri (saranno trovati tutti morti) richiederà moltissimi giorni, anche per la complicazione della pioggia. E inizia il balletto per scaricare le responsabilità.

L’Unione Cooperativa, la Società cementi armati, la Coop. Muratori si chiamano fuori. E faticano anche ad assumere l’impegno dello sgombero per il timore che questo potrebbe essere una sorta di confessione, e soprattutto per non doverne sostenere le spese.

Manca un direttore dei lavori e gli operai, molti dei quali di Bellusco, che, senza guida e senza garanzia di paga, avendo lavorato inizialmente anche 18 ore al giorno, entrano in sciopero. Solo allora (è il 20/04) il prefetto obbliga l’Unione Cooperativa alla nomina di un responsabile: sarà l’ing. Manfredini. Il recupero dei cadaveri è lento e si arriverà fino al 26 per completare il triste lavoro.

Il primo belluschese ad essere trovato è Luigi Fumagalli, il 19 sera. Segue Pietro Colnaghi, la cui salma è ricomposta da due compagni Carlo Dossi e Massimo Biella, impegnati nello sgombero. Il recupero più difficile e anche, se possibile, più doloroso, è quello di Luigi Cereda, il cui tronco deve essere tagliato dalle gambe, perché queste sono intrappolate da pesanti massi in cemento armato. Anche gli ultimi due, Federico Villa e Giuseppe Limonta, recuperati il 26, vengono trovati in condizioni raccapriccianti.

Gli altri morti del disastro sono: Carlo Vender, Riccardo Conterio, Pietro Fusi e Innocente Oriani di Milano; Andrea Oggioni e Enea Biraghi di Bruzzano e Giuseppe Micheloni di Mortara. Quasi tutti molto giovani. Pietro Fusi addirittura 13 anni. Le autopsie parlano di morte istantanea o quasi.

A Bellusco intanto sgomento, dolore, incredulità: il padre di Federico e di Martino, e anche tanta gente, vanno a Milano. Il lunedì è la volta di una delegazione pubblica, guidata dal consigliere Ostalli. Segue il giorno dopo il Sindaco (Carlo Mazza) accompagnato dalla Giunta (don Ambrogio Verderio e Luigi Bordogna), portavoce dei voti delle famiglie che desiderano seppellire a Bellusco i loro cari.

Il 30 aprile, “nel minuscolo paesello di Bellusco … funerali imponenti, religiosamente divoti, espressione sincera del dolore di tutto un popolo”. Messa cantata: celebra don Carlo Diotti “che appare vivamente commosso”. L’omelia è di mons. Pellegrini, fino a pochi anni prima parroco del paese: il suo è un caldo e commovente discorso: “povere vittime, oscuri eroi del lavoro e del dovere”. Il corteo funebre fa l’intero giro del paese, compreso Cantone, accompagnato dal continuo sottofondo delle campane che diffondono una voce “plorante”, piangente, per un saluto pieno di tenerezza infinita. Al cimitero tanti saluti, anche quelli di un operaio a nome dei compagni di lavoro. Il processo penale è celebrato nel 1911. Ma come mai così tanti compaesani tutti insieme. E dove stavano durante la settimana? Questa è un’altra parte della storia. 

Al cimitero di Bellusco sono raccolte le salme dei ragazzi periti nell’incidente sul lavoro, nel monumento accanto alla cappella centrale. Il 1° maggio, festa dei lavoratori, l’Amministrazione depone un omaggio floreale, a ricordo del loro sacrificio e di quello di tutti i morti sul lavoro.

Cereda Luigi - 24 anni

Colnaghi Pietro - 19 anni

Fumagalli Luigi - 17 anni

Limonta Giuseppe - 16 anni

Villa Federico - 14 anni

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Pubblicato il: Venerdì, 30 Aprile 2021

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